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Contraffazione: tra Profili Penali e Codice della Proprietà Intellettuale

Con il termine contraffazione si fa riferimento ad una molteplicità di atti diretti a produrre e commercializzare prodotti che recano illecitamente un marchio identico ad un marchio registrato oppure la riproduzione, illecita, di beni tutelati dal diritto d’autore.
Nozione e caratteri generali
La proprietà intellettuale va tutelata e, pertanto, non è consentito falsificare un prodotto ma nemmeno il suo marchio. Non è possibile, ad esempio, fabbricare una borsa e metterci sù il marchio notorio originale oppure uno talmente simile, seppur con qualche modifica, da indurre in errore il consumatore. Come non è nemmeno possibile acquistare una considerevole quantità di queste borse a basso prezzo per poi rivenderle.
Posto che il marchio è assunto a oggetto di tutela in quanto funge da indicatore di provenienza, la contraffazione consisterà nel far assumere al marchio falsificato caratteristiche tali da ingenerare confusione sulla autentica provenienza del prodotto con possibile induzione in inganno dei compratori.
Siffatta attitudine a confondere va, invero, accertata in concreto e tenendo conto del livello di avvedutezza e attenzione cui è capace non già un astratto consumatore medio bensì il tipo di consumatore al quale si indirizzano i vari prodotti cui il marchio genuino e quello contraffatto fanno, di volta in volta, riferimento.
Secondo il Codice penale, commette il reato di contraffazione «chiunque, potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale, contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali, ovvero chiunque, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati». La pena prevista è la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da 2.500 a 25.000 euro (art. 473).
Rischia la reclusione da uno a quattro anni e la multa da 3.500 a 35.000 euro anche «chiunque contraffà o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffatti o alterati» (art. 474).
Anche il brevetto, dunque, può essere oggetto di contraffazione: succede quando qualcuno che non ha la dovuta autorizzazione produce, commercializza, importa o esporta prodotti o processi rispetto ai quali era stato in precedenza concesso un titolo brevettuale ad altro soggetto legittimamente proprietario. In taluni casi è possibile rilevare come illeciti sia la contraffazione del brevetto, sia l’intaccamento del diritto di esclusiva e del diritto di concorrenza leale.
La contraffazione, come detto, è un reato che consiste nell’imitare un prodotto attraverso la replica non autorizzata dell’oggetto originale. Ovviamente, lo scopo è quello di trarre un vantaggio economico mettendo il prodotto in commercio ad un prezzo inferiore, garantendosi un guadagno.
Il significato attuale appare dunque molto più ampio ed eterogeneo potendosi ricondurre ad ogni uso non autorizzato di elementi distintivi di un prodotto applicata sistematicamente e su grande scala. E’ importante segnalare la differenza sostanziale tra la concezione passata e quella attuale del fenomeno della contraffazione.
Nell’accezione passata la contraffazione era riferita ad una tipologia di prodotti di lusso, talvolta di nicchia, mentre oggi si riferisce ad una produzione di massa di beni di largo consumo (orologi, borse, prodotti, alimentari, portafogli, tecnologia, giocattoli, abbigliamento in genere ecc.).
Nel concetto di merce contraffatta rientrano i prodotti, comprensivi di imballaggio, su cui è stato apposto senza autorizzazione un marchio commerciale identico o simile ad uno validamente registrato da altri per lo stesso tipo di prodotto (o comunque un marchio che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali).
Attualmente la contraffazione è un fenomeno di portata internazionale con riflessi di tutta evidenza sul funzionamento del mercato anche con riguardo alla tutela dei consumatori e, con lo sviluppo della tecnologia e la globalizzazione dei mercati, la miscela prodotta risulta travolgente con effetti dirompenti sulle forme di commercio.
Alcune delle cause principali che hanno dato origine alla c.d. “industria del falso” sono state e sono: la difficoltà economica di molte piccole imprese, la crescita di manodopera disponibile a fornire il proprio lavoro clandestinamente, occasionalmente ed a basso costo, la semplificazione di processi produttivi e delocalizzazione di alcune fasi intermedie di produzione e la crescente disponibilità sul mercato di strumenti in grado di duplicare facilmente i prodotti già esistenti ed affermati.
Interesse tutelato ed elemento soggettivo
Seppur muovendoci verso un oggetto di tutela incentrato sulla proprietà industriale o in ogni caso sull’economia pubblica, intesa sia come tutela dei consumatori sia come tutela del patrimonio di impresa, l’interesse giuridico tutelato dall’art. 473 c.p. e dall’art. 474 c.p. è e rimane la pubblica fede.
La disposizione in esame non tutela, quindi, la libertà di determinazione del consumatore nella scelta di acquistare un prodotto originale o meno, quanto l'affidamento della collettività ai marchi o ai segni distintivi che individuano i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione.
La vendita di prodotti con marchi contraffatti mina la fiducia riposta dai cittadini nella genuinità dei segni distintivi, ingenerando confusione tra i prodotti dell'una impresa e dell'altra e fra la qualità dei prodotti contraffatti rispetto a quelli originali.
Bene precisare anche come, in presenza di una contraffazione, i reati sono configurabili anche se il compratore sia stato messo a conoscenza dallo stesso venditore della non autenticità del marchio.
La confusione che la norma vuole scongiurare, dunque, è tra i marchi e non tra prodotti, cioè tra quello registrato e quello illecitamente commercializzato in forma dichiaratamente decettiva dal momento che ciò che la legge punisce è la riproduzione sine titulo del marchio registrato su di un prodotto industriale. Il prodotto è quindi il veicolo attraverso il quale si manifestano i marchi e la legge impone che non vengano riprodotti illecitamente (in modo pedissequo o con modifiche che non ne alterino i caratteri principali che lo connotano) su prodotti industriali.
Si tratta di reati di pericolo concreto, in quanto per integrare l’elemento oggettivo occorre la specifica attitudine offensiva della condotta, nel senso di un effettivo rischio di confusione per la generalità dei consumatori.
In linea generale l’art. 473 c.p. si inserisce all’interno delle fattispecie di falsità in atti assumendo rilevanza le regole comuni alle altre condotte di falso materiale previste dal codice penale. Pertanto per l’integrazione dell’elemento psicologico è richiesta la coscienza e la volontà della condotta insieme alla consapevolezza dell’esistenza di un atto valido, senza che occorra un animus nocendi o decipiendi.
Elemento oggettivo
La condotta sanzionata si concretizza nelle varie forme di falsificazione di marchi altrui. In particolare, secondo il pacifico orientamento dottrinale prevalente, si ha contraffazione quando il marchio altrui sia riprodotto abusivamente oppure venga imitato.
In giurisprudenza si intende per contraffazione la riproduzione integrale del marchio nella sua configurazione emblematica e denominativa e per alterazione la modificazione del segno, ricomprendente anche la imitazione fraudolenta, quindi in definitiva la riproduzione parziale ma tale da potersi confondere con il marchio originale o con il segno distintivo (Cass. Pen. sez. V n. 38068 del 9 marzo 2005).
Con riguardo all’aspetto relativo alla violazione del marchio va detto che in realtà il nostro codice penale disciplina anche, oltre al reato di contraffazione ex art. 473 c.p., altre fattispecie considerate al pari di questa penalmente rilevanti.
In particolare, gli artt. 474, 517, 517-ter, 517-quater, tipizzano e sanzionano ulteriori condotte quali: l’introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, la vendita di prodotti industriali con segni mendaci, la fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale, la contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, che saranno oggetto di successivi articoli.
Codice Industriale
La contraffazione costituisce un atto illecito anche a norma di quanto stabilito in tema dal Codice della Proprietà Industriale. Difatti, attraverso la registrazione di un marchio, il titolare dello stesso acquista il diritto di fare uso esclusivo del proprio segno.
In particolare, l’art. 20 CPI stabilisce espressamente che:
Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell’attività economica:
- un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;
- un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza fra i segni e dell’identità o affinità fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni;
- un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi.
Detto articolo stabilisce quindi che non è mai ammessa l’identità di marchi ma che, nel caso in cui vi sia una similitudine, occorre accertare se sussiste un rischio di confusione. In ogni caso non è mai ammesso l’utilizzo di un marchio, anche per prodotti o servizi diversi da quelli offerti da un altro marchio (notorio), quando sia chiaro l’intento di trarre un indebito vantaggio dalla rinomanza del secondo da parte del primo.
Gli artt. 125, 126, 127 e 129 C.P.I., inoltre, statuiscono in merito al risarcimento del danno, alla pubblicazione della sentenza di condanna, alla sanzione amministrativa ed alla misura del sequestro nell’accezione procedurale civile concernente i procedimenti cautelari.
La contraffazione, nelle sue plurime accezioni, rappresenta un settore di particolare interesse e rilevanza per lo Studio Legale Tisbo & Pinto che ha prestato e presta la propria assistenza in favore dei propri clienti, siano essi imputati o persone offese dal reato.